JAN VAN DIEST chierico "de Cruce"
con Enrico VII a Novara (1310)




Il 20 dicembre 1310 dimorava a Novara re Enrico VII di Lussemburgo, sceso nella Penisola con la corte e l’esercito a riconquistare l’ambita corona del Sacro Romano Impero.
Quel giorno in città gli ambasciatori gli tributarono riconoscimento e fedeltà e l’evento fu riportato in una pergamena da un notaio-chierico della diocesi di Liegi: “Iohannes van Dyst” detto “de Cruce” (Diest è una città del Brabante fra Liegi e Anversa). Vi appose anche il suo segno ... che è così bello e originale da indurre a voler sapere su di lui qualcosa di più.

Ne parla, va citato per primo, lo studio di Francesco Bonaini sulle pergamene relative all’impresa del re: gli “Acta Henrici VII, Romanorum imperatoris, et monumenta quaedam alia suorum temporum historiam illustrantia”, edito postumo a Firenze nel 1877.

Da questo lungo lavoro e benemerito si apprende infatti che van Dyst, tra il novembre 131o e il gennaio 1311, fu presente oltre che a Novara in varie città tra Torino e Milano, mentre nel maggio 1312 dimorava a Roma. Nell’Urbe era stato anche ambasciatore di Enrico, ricevendo per questo e un simile incarico a Pisa il compenso totale di 102 fiorini.

Da altre fonti poi si sa che nel 1302 era in patria e, insieme ad altri sacerdoti e al vescovo di Liegi, autorizzò confraternita del clero di Diest a costruire una cappella dedicata alla Vergine.
Curiosamente però nelle carte “diestensi” e negli anni vicini è presente anche il canonico di Cambrai di nome “Jean de Diest”, fratello di Gerardo signore della città e castellano di Anversa, e di Tommaso e Arnoul signori di altri centri del territorio. Jean (alla francese) o Jan (all’olandese) è noto per essere stato assunto al vescovado di Utrecht dall’8 novembre 1322 al I giugno 1341 o 1340 (non è chiaro), giorno della sua morte.

Ma soprattutto fu un presule-principe controverso, figlio dei suoi tempi, in quanto dovette la nomina al sostegno dei conti Guglielmo III d’Olanda e di Reginaldo II di Gheldria, contro la volontà del capitolo di Utrecht, che aveva scelto un'altra persona confermata poi dall’arcivescovo di Colonia.
Era quindi intervenuto papa Giovanni XXII Duèze e da Avignone aveva dichiarata nulla tale nomina, consacrandolo personalmente.

Il vescovo Jan – si scrive – fu pure debole politicamente perché in diocesi non poté opporsi agli abusi finanziari e alla pratica di un eccessivo nepotismo. I debiti ereditati dal predecessore peggiorarono la situazione e i protettori con avidità, prestandogli grosse somme di denaro, si impossessarono di molti beni della diocesi (1331), giungendo fin quasi ad esautorarlo. Iniziò con lui anche la defezione delle città olandesi dal potere ecclesiastico alla ricerca della tutela dei principi laici ora più forti.

Tra le cose benemerite di Jan tuttavia vi fu la fondazione di un capitolo di dodici canonici ad Amersfoort e le misure prese per mantenere la disciplina ecclesiastica in Zelanda, la zona sud occidentale dei Paesi Bassi.

Dopo la sua morte nacque di nuovo discordia tra i principi e il capitolo di Utrecht. Benedetto XII il gennaio 1341 la risolse destinandovi il cardinale Niccolò Capocci, che però si dimise lo stesso anno per le proteste locali.
Intanto l’Europa “bruciava”. Era già iniziata la Guerra dei Cento Anni tra Francia e Inghilterra (1337-1453) e ad essa si aggiungevano con varie alleanze Belgio e Paesi Bassi.

Sul chierico “de Cruce” e sul contemporaneo canonico-vescovo arrivano fin qui le notizie edite che almeno per ora è difficile integrare con qualcosa di altro per la scarsezza di documenti e per la considerazione che Iohannes, Jean o Jan erano tra i nomi di battesimo più comuni all’epoca. Tornando però a Novara, dove di certo nel 1310 non si immaginava il disastroso futuro di Enrico VII e dell’Europa del nord, si può leggere con curiosità che cosa “Iohannes de Dyst dictus de Cruce” rogasse per il re.


Il suo inconfondibile segno è presente, come detto, nell’atto del giuramento della città, per compilare il quale il “clericus leodiensis diocesis” fu assistito dal notaio della Camera regia Bernardo de Mercato “de Yenna” (Yenne, Belley, Francia, dipartimento dell’Ain).

Al solenne evento furono presenti baroni e nobili che stavano “supra pallatium civitatis Novarie et subtus dictum pallatium voce preconia campaneque sonitu”, mentre in piazza, come d’uso al suono della campana, si era radunata l’università degli uomini di città e distretto per inviare al re i suoi nunzi e procuratori.
Erano questi i “discreti viri” Francino Guazato figlio del fu Ambrogio Guazati e Rolando figlio del fu Anselmo “Caballatus”, nominati tali sabato 19 dicembre con atto di ser Pietro di Maggio notaio del Comune e figlio di Guido di Maggio.

Naturalmente c’era un cerimoniale da rispettare, seguendo il quale, gli ambasciatori “dicerunt, assuerunt et recognoverunt” Enrico “dominum regem romanorum esse” e il suo possesso del “merum et merum e mixtum imperio” (la regalia di poter giudicare nelle cause penali) e di tutti gli altri diritti.
I due ambasciatori lo giurarono toccando i santi Vangeli e, in segno di perfetta fedeltà, furono baciati (“osculati sunt”), a ginocchi piegati “humiliter et devote” ai piedi del re. Dopo di che l’università del popolo ratificò, confermò e approvò a viva voce.

Il re accettò la fedeltà dei novaresi e comandò di farne il documento che sappiamo, dove si trovano pure i nomi di alcuni principi del seguito: Baldovino di Lussemburgo arcivescovo di Treviri, il personaggio più importante, che ha lasciato ai posteri un bel codice miniato sulle imprese di Enrico (vedi la foto), Gerardo vescovo di Basilea, Aymone vescovo di Ginevra, Papiniano vescovo di Parma e Gerardo vescovo di Costanza.
Tra i laici furono presenti Valeramo fratello del re, Amedeo della corte di Savoia, Ariuldo de Pomerio e Ariuldo de Rolant “militibus” (cavalieri).


Paola Ircani Menichini, 20 agosto 2021.
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Moneta di argento di Enrico VII, 1308-1314, coniata in Germania, oggi al British Museum di Londra.

– Re Enrico VII da una miniatura del “Codex Balduini Trevirensis”, conservato a Coblenza, Germania.

– Il segno notarile del chierico “Iohannes de Dyst” nella pergamena del 20 dicembre 1310.

– Veduta del duomo medievale di Novara, 1840 circa, disegno di Nicolas M. Joseph Chapuy e incisione di J. B. Arnout.


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